Mi Sento Suolo

Radici, bambini, alberi e conflitti nella nuova produzione partecipata di Cantieri Meticci

Una compagnia composta da 30 bambini e 10 adulti torna in scena con uno spettacolo itinerante che attraversa teatro, sogno e cittadinanza poetica.

Dopo il debutto di The Whale Land, la compagnia meticcia nata all’interno del progetto PAPPA – Palestra delle Arti Partecipate presenta “Mi sento suolo”, un nuovo viaggio collettivo tra le contraddizioni del nostro tempo. Scritto, agito e immaginato da un gruppo eterogeneo di bambini e adulti guidati dal regista Pietro Floridia, lo spettacolo è prodotto da Cantieri Meticci con il sostegno del Comune di Bologna.

La doppia sede del progetto – Centro Civico Borgatti, nel quartiere Navile, e Salus Space, cantiere urbano di sperimentazione sociale e sostenibilità – è parte integrante della narrazione. E sarà proprio Salus Space a ospitare le due replichemercoledì 12 e giovedì 13 giugno alle ore 19, nell’ambito della rassegna estiva “Da una riva all’altra”.

Radici: per le piante, per le persone

Nove storie si intrecciano attorno a una domanda essenziale e vertiginosa:
cosa significa mettere radici? E cosa significa perderle?

Per le piante, certo. Ma anche per le persone. Nei corpi, nei quartieri, nei ricordi.
Cosa lega il diritto al suolo degli alberi a quello degli esseri umani? Quali connessioni tra lo sfruttamento della natura e quello dell’altro – del migrante, del diverso, del fragile? E soprattutto: quali radici vanno protette, e quali – forse – recise?

“Abbiamo intrecciato storie di migrazione, memorie familiari, tensioni di quartiere”, racconta il regista Pietro Floridia.
“E da lì è nata una riflessione sull’intreccio profondo tra lo sfruttamento delle persone e quello della natura. Nella nostra storia, l’azione apparentemente neutra e tecnica di sbiancare la carta diventa immagine onnicomprensiva e ambigua, una sorta di gesto totalizzante: sbianca, cancella, rende tutto uniforme, toglie tracce, radici, differenze. È un gesto industriale e simbolico insieme, che parla del modo in cui la società tratta sia la materia viva che la memoria umana”.

Storie che resistono al bianco

Le nove storie che compongono Mi sento suolo affondano nel presente con la precisione e la libertà del sogno. Raccontano di bambini che si arrampicano sull’ultimo albero del quartiere per impedirne il taglio, mentre gli adulti parlano di malattia e sicurezza. Di scuole dove si gioca una silenziosa battaglia tra l’addomesticamento delle domande e il risveglio di coscienze disobbedienti.

C’è chi canta il proprio quartiere con il rap per non farsi sradicare. E chi, per nascita o per legge, scopre di non avere diritto al suolo sotto i piedi: sono le storie dure dello ius sanguinis, che separa, esclude, costringe all’esilio invisibile.

Ma ci sono anche storie che interrogano il lavoro culturale, il suo senso, il suo svuotamento. E storie di chi fugge, non per disperazione, ma per fondare un altrove possibile. Un altrove costruito da marginali, da non conformi, da chi rifiuta quella patina sbiancante che tutto uniforma: la carta, i pensieri, i corpi, gli alberi.

Contro questa sbiancatura che cancella, lo spettacolo oppone una polifonia radicata, meticcia, ribelle. Una costellazione di voci che affermano il diritto a esistere nella propria differenza.

Una compagnia intergenerazionale: quando i bambini fanno domande scomode

Mi sento suolo è anche un esperimento politico e pedagogico: una compagnia intergenerazionale, dove adulti e bambini non si limitano a recitare, ma scrivono insieme, condividono scelte, conflitti e visioni.
È un teatro che non rappresenta, ma dà voce. Un laboratorio vivo in cui l’autorialità è collettiva.

“Cosa succede quando i bambini mettono in crisi il modo in cui gli adulti abitano il mondo?”, si chiede ancora Floridia.
“Quando li ascoltiamo davvero, quando li riconosciamo come soggetti capaci di dire il loro dissenso, la scena non è più solo teatro: è un esercizio di futuro condiviso”.

Una fruizione conviviale e itinerante

Lo spettacolo si sviluppa come un percorso itinerante attraverso 9 spazi di Salus Space, ognuno trasformato in una “tappa” teatrale.
Il pubblico sarà accompagnato in un viaggio tra parola, natura e condivisione, preceduto – a partire dalle ore 19 – da un momento conviviale di assaggi etnici, perché mangiare insieme è il primo gesto di ogni comunità.

“Abbiamo voluto che anche la fruizione fosse coerente con il senso dello spettacolo”, spiega Floridia.
“Un cammino collettivo, una sosta conviviale, un ascolto. Un rito comunitario”.

Il titolo: “Mi sento suolo”

Il titolo è già una dichiarazione, ma anche un enigma.
“Mi sento suolo” gioca su almeno tre significati intrecciati:
sentirsi terra, come corpo vivo che accoglie e nutre;
rivendicare un diritto di suolo, quello negato a chi è considerato straniero anche nella propria città;
e infine sentirsi solo, cioè non appartenente a una comunità che riconosca e condivida le proprie lotte, la propria storia, la propria voce.

È un invito a domandarsi cosa ci fa sentire parte, e cosa invece ci fa sentire respinti, sradicati, invisibili. Una riflessione che riguarda tutti, ma soprattutto i giovani cresciuti nelle periferie, spesso sospesi tra appartenenze spezzatememorie frammentate e radici ancora da inventare.

📍 Dove: Salus Space, via Malvezza 2/2, Bologna
📅 Quando: giovedì 12 e venerdì 13 giugno 2025
🕖 Orario: ore 19: aperitivo conviviale nel corso dello spettacolo itinerante
🎟️ Ingresso gratuito – prenotazione obbligatoria: ufficio@cantierimeticci.it | Whatsapp 350 030 5983

mi sento suolo

“Mi Sento Suolo” fa parte di Bologna Estate 2025, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena, ed è sostenuto nell’ambito dell’accordo di programma tra Comune di Bologna e MiC Direzione Generale Spettacolo per le attività di spettacolo dal vivo nelle aree periferiche.

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